Quotidiano del Sud – 29 marzo 2019

L’attualità di Diego Tajani

di GIUSEPPE LARATTA

“DIEGO Tajani – un cambiamento atteso un secolo e i nodi irrisolti dell’Italia”: è il titolo del libro scritto da Maurizio Mesoraca, presidente dell’Università Popolare Mediterranea e già senatore Pci, presentato nella serata di ieri nella sala consiliare del Comune di Crotone, alla presenza del sostituto procuratore della Procura della Repubblica di Catanzaro Domenico Guarascio, del professore dell’UniCal Pietro Fantozzi, del rettore dell’Upmed Vittorio Emanuele Esposito; presenti anche il sindaco Ugo Pugliese, il vicario del prefetto Sergio Mazzia, il questore Massimo Gambino, il comandante provinciale dei carabinieri, tenente colonnello Alessandro Colella, il comandante provinciale della Guardia di Finanza, colonnello Emilio Fiora, e il procuratore della Repubblica, Giuseppe Capoccia. I lavori sono stati coordinati da Antonio Anastasi, giornalista del Quotidiano. Una riflessione sulla figura di Diego Tajani, magistrato, politico, senatore e ministro di Grazia e Giustizia nativo di Cutro, entrato nella storia perché l’11 giugno 1875 fu il primo parlamentare a parlare di mafia: da qui è partito il ragionamento sviluppato dai vari relatori che ha toccato varie tematiche connesse, dal rapporto tra Stato e Chiesa e laicità, la questione del Mezzogiorno, gli intrecci tra mafia politica e imprenditoria rappresentati da un binomio comprovato tra Cutro e Reggio Emilia, i colletti bianchi, ma anche gli strumenti da mettere in campo per sconfiggere la criminalità a partire proprio dalla cultura nel tessuto sociale. Il sostituto procuratore Guarascio, durante il suo intervento, ha sottolineato proprio il fattore intrinseco che, purtroppo, esiste nel rapporto, nel dialogo che c’è tra pezzi grossi della Calabria e la mafia; nelle varie indagini condotte nel tempo – una tra tutte “Kyterion” tra Catanzaro, Cutro e Isola Capo Rizzuto, “gemella” dell’operazione “Aemilia” condotta in Emilia Romagna contro i Grande Aracri – dove sono stati registrati proprio accordi con la mafia. Ovviamente esistono gli strumenti per contrastare la criminalità «da parte della magistratura e delle forze dell’ordine – ha dichiarato il pm della Dda – ma anche una presa di coscienza collettiva da parte della società civile circa le implicazioni, l’esistenza di una strutturalità delle mafie che, se non viene presa in considerazione seriamente, credo che la sola azione di contrasto possa servire a ben poco». Il professore Fantozzi, invece, ha analizzato la figura complessa di Diego Tajani sotto l’aspetto da uomo italiano: per il docente, Tajani «non era meridionalista, ma anzi un costruttore dello Stato italiano, dell’unità nazionale, pronto all’integrazione», cardine della sua attività, nonché incentrata alla lotta alla mafia. Allargando poi la discussione, il rettore Esposito è intervenuto sull’aspetto laico che deve esserci nel rapporto tra Stato e Chiesa, citando anche l’incontro avvenuto pochi giorni fa tra il Papa e la sindaca di Roma Virginia Raggi proprio in Campidoglio. Sui “nodi irrisolti dell’Italia” è intervenuto l’autore del libro Mesoraca: «sono quattro quelli che ha trattato Tajani nella sua attività di magistrato, mafia, laicità dello Stato, giustizia, e Mezzogiorno. Quello sulla mafia è stato il principale, soprattutto quando da procuratore di Palermo si accorse della collusione del questore con la criminalità; gli fece causa cercando di mandarlo via, ma il Governo lo difese, e decise di andarsene». Lo stesso Mesoraca, inoltre, ha annunciato la realizzazione di un centro studi e documentazione proprio su Tajani. Il comandante Fiora, in conclusione, ha accennato alla mancata armonizzazione della legislazione antimafia dei Paesi europei nonostante l’appello del procuratore Nicola Gratteri.

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